astrolabio.itSe il rifiuto Plastico Non Va PiĆ¹ in Cina
Alla fine di gennaio del 2018, la Commissione parlamentare di
inchiesta sulle attività connesse al ciclo dei rifiuti e su
illeciti ambientali ad esse correlati, a seguito di numerose
audizioni e sopralluoghi, ha prodotto una relazione sul fenomeno
degli incendi negli impianti di stoccaggio e trattamento di rifiuti
nella quale descrive il fenomeno cercando di tracciare alcune
raccomandazioni. La relazione è chiara, ben articolata e
può offrire diversi punti di riflessione. La Commissione
registra 71 incendi nel 2015 e 65 nel 2016, con un vistoso
incremento nellanno 2017 con ben 72 incendi per i soli primi 8
mesi. In sostanza, nel periodo gennaio agosto 2017, si sono
verificati più di due incendi alla settimana. La
distribuzione territoriale di tali eventi vede una prevalenza nel
Nord Italia. Circa la metà degli eventi ha dato luogo a
procedimenti penali a carico di ignoti che sono rimasti tali sino
allarchiviazione, nella quasi totalità dei casi. Ciò
significa, tra laltro, che le costose attività di bonifica
che dovrebbero seguire alle condanne dei responsabili restano,
quasi sempre, a carico della collettività. La commissione
formula alcune ipotesi per spiegare il fenomeno:- la
fragilità degli impianti, spesso sprovvisti di adeguati
sistemi di vigilanza e controllo; - la rarefazione (o lassenza) di
controlli da parte delle autorità competenti che consente ai
gestori di sovraccaricare gli impianti, aumentando il pericolo
dincendio, senza temere sanzioni; - la disomogeneità della
risposta investigativa e giudiziaria che determina lo scarso
rischio per i colpevoli degli eventi delittuosi di essere indagati
e condannati ; - la scarsa attenzione nel rilascio delle
autorizzazioni che sono, spesso, frutto di istruttorie meramente
documentali. Il proliferare di impianti di semplice stoccaggio
è un segnale che la natura del rifiuto viene modificata solo
formalmente e non se ne garantisce la corretta gestione; - la
congiuntura internazionale legata alla chiusura del mercato cinese
di taluni materiali , in particolare plastica, che ha determinato
un sovraccarico di materia non gestibile e che ha dato luogo a
incendi dolosi liberatori. Nelle note a piè di pagina della
relazione, la Commissione sottolinea che la nuova politica cinese
è nota sino dalla prima metà del 2017, quando si era
venuti a conoscenza che il Ministero di Protezione Ambientale
cinese aveva chiuso oltre seicento aziende del settore e stava
studiando la possibilità di vietare limportazione di
svariati materiali. Tale politica cinese è stata
formalizzata alla World Trade Organization (WTO) nel luglio del
2018 (By the end of 2017, China will forbid the import of 4
classes, 24 kinds of solid wastes, including plastics waste from
living sources, vanadium slag, unsorted waste paper and waste
textile materials). Tra le raccomandazioni, la Commissione
evidenzia giustamente la necessità di un potenziamento dei
controlli attraverso il Sistema Nazionale di Protezione Ambientale.
Tuttavia, il Sistema, riformato nella legislatura appena conclusa,
necessita di finanziamenti adeguati che permettano lacquisizione di
nuove risorse umane e strumentali; in caso contrario, non ci
sarà alcun potenziamento dei controlli. Nellintroduzione
delle proprie valutazioni conclusive, la Commissione accenna al
tema dellinterdipendenza tra eventi incendiari e mancata corretta
chiusura del ciclo dei rifiuti , senza giungere però a
conclusioni esplicite circa la pianificazione, realizzazione e
gestione del sistema integrato dei rifiuti. Ed è proprio
questa, a nostro avviso, la carenza della relazione, che non innova
rispetto alla consuetudine della politica nazionale di tacere sulla
necessità di dotarsi di impianti adeguati alla chiusura del
ciclo dei rifiuti. Eppure, anche dai dati forniti dalla relazione,
appare evidente che per migliorare lattuale sistema di gestione dei
rifiuti dovrebbero essere realizzati tutti gli impianti
tecnicamente necessari in una pianificazione che tenga conto delle
esigenze reali. In particolare, la chiusura del ciclo dei rifiuti
deve essere realizzata secondo un principio di prossimità
che non scarichi i nostri problemi su altri Paesi o altri
Continenti. I rifiuti e le materie seconde devono avere
destinazioni finali certe e a basso costo, anche per rendere
più semplici le attività di controllo e combattere
più efficacemente i fenomeni di illegalità. In questi
ultimi anni, si è tentato di giustificare linvio in Cina dei
materiali plastici con la convinzione un po superficiale che il
mercato globale tutto risolva e governi. Laffermazione non convince
sia perché tradisce una furbizia - gli impianti li facciano
altri perché a noi scomodano - sia perché, nei fatti,
non è vero che su questo specifico argomento il mercato
possa risolvere tutto. Infatti, sono in gioco valori come la tutela
dellambiente, la salute delluomo e letica ai quali ogni
comunità deve dare risposta secondo la propria cultura,
tradizione e possibilità economica. In questo contesto, il
mercato dei rifiuti non fa che evidenziare storture e ingiustizie
del mondo globalizzato. Limprovvisa chiusura del mercato cinese dei
rifiuti plastici cui ci eravamo affidati con leggerezza, dovrebbe
farci riflettere. Esaminando il problema con maggiore senso della
realtà, si deve convenire che la gestione dei rifiuti in
loco è più conveniente anche sotto il profilo
economico perché si produce reddito e occupazione e viene
data certezza ad aziende e cittadini di poter gestire i rifiuti a
costi costanti e nella legalità. Inoltre, da un punto di
vista ambientale, le emissioni che si producono con il trasporto o
a causa di incendi colposi o dolosi nei siti di stoccaggio sono ben
maggiori di quelle prodotte in impianti di recupero di materia ed
energia ben realizzato e controllato. Tale ragionamento vale anche
per la tutela delle acque e del suolo. Certo, è difficile e
complicato spiegarlo, acquisire il consenso e condividere le
scelte. Senza fare chiarezza sul tema complessivo dei rifiuti
urbani e speciali, il nostro paese non uscirà mai
completamente dalle emergenze croniche di alcune Regioni e
dallinfiltrazione della criminalità. E un tema difficile per
per ogni amministratore ma risolvibile se in altri paesi europei si
sono trovate soluzioni ragionevoli. Ad esempio, occorre dire con
chiarezza che gli impianti di stoccaggio provvisorio e
pretrattamento sono esuberanti, mentre sono carenti gli impianti di
effettivo recupero di materia e di energia e di smaltimento che
andrebbero realizzati o ristrutturati in un numero congruo per ogni
Regione; la corretta gestione di questi impianti sarebbe garantita
dallo stretto controllo delle autorità ambientali. La stessa
divisione tra rifiuti urbani e speciali andrebbe forse ripensata,
non è sempre congruente che la gestione dei primi sia
oggetto di privativa mentre i secondi possano essere affidati al
miglior offerente in un mercato non affidabile perché poco
maturo sotto il profilo tecnologico. Inoltre, è poco
ragionevole concentrare tutto il dibattito sulle migliori soluzioni
per la gestione dei rifiuti urbani (circa 30 milioni di tonnellate
lanno) quando gli speciali sono, spesso, più pericolosi e,
certamente, la loro produzione è più importante
(circa 130 milioni di ton /anno ). Gli strumenti per redigere piani
ed interventi, in completa trasparenza e nel rispetto delle norme
ci sono già ed è utile ribadire la centralità
del contributo che possono fornire Ispra e le Agenzie regionali per
la protezione dellambiente, istituzioni ormai mature e ricche di
competenze che andrebbero valorizzate e implementate. Le direttive
europee e i riferimenti per le migliori tecnologie che riguardano
le varie tipologie di rifiuto sono consolidate da vari anni e non
mancano di indicazioni e raccomandazioni. Sul piano tecnologico,
limpiantistica è molto progredita. Ciò detto, la
gestione dei rifiuti è un problema complesso e strategico
per la crescita sostenibile di ogni economia moderna e, come ogni
sistema complesso, non ammette semplificazioni e tantomeno
infingimenti.