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L’Italia Non si Sblocca
Filippini Il contratto di governo Lega-M5S parla in termini piuttosto vaghi di economia circolare e non nomina nemmeno lemergenza rifiuti che pure continua a presentarsi con cadenze sempre più ravvicinate in gran parte di Italia presentando, spesso, le caratteristiche di una condizione endemica. In attesa di sapere se il nuovo Governo centrale sarà in grado di trovare soluzioni concrete migliori rispetto al test sconfortante del Comune di Roma, ci sembra utile ripercorrere le tappe della legge cosiddetta Sblocca Italia, in particolare del suo articolo 35, che si propone di dotare di impianti di termovalorizzazione di rifiuti le Regioni che ne sono sprovviste, alla ricerca delle ragioni della sua mancata attuazione. Che fine ha fatto la legge Sblocca Italia, in particolare il suo articolo 35 che avrebbe dovuto dotare di impianti di termovalorizzazione di rifiuti le Regioni che ne sono sprovviste? Sono passati quasi 4 anni dalla sua approvazione e di nuovi impianti non se nè visto nemmeno uno. Sono aumentate però le motivazioni che ne avrebbero raccomandato unattuazione veloce: in molte regioni si sono moltiplicate le crisi gravi di raccolta dei rifiuti a causa della carenza di destinazioni finali e dellimpegno del personale e dei mezzi di raccolta per il trasporto dei rifiuti su tragitti sempre più lunghi, fuori dalle proprie regioni e anche oltre i confini nazionali. Sempre più spesso vanno a fuoco interi siti di stoccaggio di rifiuti speciali derivati dagli urbani che non trovano una destinazione economica o ambientale congrua. Molte regioni e città sono impegnate nellaffannosa ricerca di impianti, fuori dal proprio territorio, che accolgano, anche temporaneamente, quantitativi crescenti di rifiuti indifferenziati o inadatti al riciclo. Nonostante ciò, lattuazione della legge è stata, fin qui, lentissima. Ora, il primo degli adempimenti previsti, il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri di individuazione degli impianti necessari, faticosamente emanato, è persino messo sotto accusa dal Tar del Lazio che lo ha sottoposto alla Corte Europea per un parere di conformità alle Direttive. Il rischio è che, ancora una volta, non se ne faccia nulla condannando gran parte del paese a vivere in una perenne emergenza. Riteniamo utile ripercorrere in sintesi il cammino accidentato della legge, attraverso la lettura degli atti ufficiali, alla ricerca delle ragioni della sua mancata attuazione o, peggio, della sua ininfluenza. Larticolo 35 della legge Sblocca Italia Larticolo 35 della cosiddetta legge Sblocca Italia (legge 11 novembre 2014, n. 164) si proponeva il progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale in tema di gestione dei rifiuti, nel rispetto degli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio, tenendo conto della pianificazione regionale. Lobiettivo del riequilibrio era stato fissato correttamente a fronte dellevidenza che emerge, da almeno 20 anni, dai Rapporti sul ciclo dei rifiuti compilati annualmente dallISPRA, e cioè che si allarghi il divario fra lItalia che funziona e raggiunge obbiettivi significativi di recupero di materia e di energia e quella che non riesce a provvedere ai propri rifiuti perché priva, sul proprio territorio, di impianti di incenerimento che sarebbero necessari a chiudere il ciclo dei rifiuti senza ricorrere allexport o ad un uso massiccio delle discariche. Lart. 35 della legge si propone una ricognizione delle capacità effettive di smaltimento dei rifiuti, al fine di stabilire un quadro oggettivo del fabbisogno di impianti e di favorire un percorso di adeguamento dei sistemi di gestione. A questo fine, la legge prevede lemanazione di un decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri (DPCM) che indichi la capacità complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento di rifiuti urbani e assimilabili in esercizio o autorizzati a livello nazionale (specificando quella di ciascun impianto), e che individui gli impianti da realizzare per coprire il fabbisogno residuo. Il DPCM è proposto dal Ministero dellAmbiente, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome. Gli impianti così individuati - dice larticolo di legge - costituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale, attuano un sistema integrato e moderno di gestione di rifiuti urbani e assimilati, garantiscono la sicurezza nazionale nell'autosufficienza, consentono di superare e prevenire ulteriori procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore e limitano il conferimento di rifiuti in discarica. Il faticoso varo del DPCM Per lemanazione del DPCM 10 agosto 2016, (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n.233 del 5-10-2016) ci sono voluti quasi due anni. Esattamente, la proposta di schema è stata sottoposta ad una serie di riunioni tecniche della Conferenza Stato Regioni, - il 20 marzo, 20 maggio 9 settembre 2015 e il 15 gennaio 2016, nel corso delle quali il Ministero dellAmbiente ha progressivamente adeguato il testo alle osservazioni formulate. Il 20 gennaio 2016, le Regioni avevano formulato un parere positivo condizionato, con il parere negativo delle sole Regioni Lombardia, Marche, Umbria e Molise. A seguito di una ulteriore richiesta di confronto con il Governo, il Ministero dellAmbiente valutava positivamente altre proposte formulate dalle Regioni. Infine, nella riunione del 4 febbraio 2016, la Conferenza si esprimeva positivamente, con condizioni sul testo, con lassenso di tutte le Regioni salvo lavviso contrario di Lombardia e Campania con motivazioni, fra loro, opposte. Infatti, la Regione Lombardia ribadiva per il tramite dell'assessore regionale all'Ambiente Claudia Terzi la totale contrarietà del DPCM in quanto ne ravvisava un carattere punitivo (&) verso Regioni virtuose che, negli anni e grazie agli sforzi dei loro cittadini, hanno raggiunto una piena autosufficienza nella gestione dei rifiuti (&) la scelta della suddivisione in aree macroregionali comporta la non necessità di realizzazione di nuovi inceneritori a nord, implicando il fatto che la Lombardia, con la sua capacità, smaltirà il pattume degli altri". La Regione Lombardia riteneva che il piano nazionale degli inceneritori andasse sottoposto a VAS (Valutazione Ambientale Strategica) «in modo che possa essere oggetto di discussione da parte dei cittadini». La Regione Campania, invece, nel mettere a verbale della Conferenza Stato Regioni del 4 febbraio 2016 il proprio parare negativo, contestava addirittura i dati sulla produzione dei rifiuti riportati nel decreto sottolineando che le conseguenze politiche sulla Regione Campania sarebbero devastanti poiché se la Regione Campania esprimesse un parere favorevole sul decreto - il quale contiene una tabella nella quale sono previsti degli impianti di incenerimento pari a 300.000 tonnellate di rifiuti- risulterebbe non coerente né con quanto previsto dal proprio programma politico ne con quanto espresso ai propri elettori e né tantomeno con le disposizioni del Piano di gestione dei rifiuti. La questione dellassoggettabilità a VAS La procedura dellassoggettabilità a VAS del DPCM veniva posta dal Ministro dell'Ambiente con la direttiva n.42 del 24 febbraio 2016, a seguito della quale la Direzione generale per i rifiuti e l'inquinamento dello stesso Ministero, in qualità di autorità procedente, provvedeva a redigere il rapporto preliminare previsto dalla normativa e a trasmetterlo alla Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA e VAS per l'acquisizione del relativo parere. La Commissione si esprimeva il 10 giugno 2016, rilevando che il DPCM non presentava contenuti per essere sottoposto alla verifica di assoggettabilità alla VAS» e invitava «l'Autorità competente a voler verificare la procedibilità dell'istanza». Per parte sua la Direzione generale per le valutazioni e le autorizzazioni ambientali del Ministero dell'Ambiente con una nota del 20 giugno 2016, rappresentava che «anche alla luce di quanto sollecitato dalla stessa Commissione Tecnica, il procedimento di verifica di assoggettabilità a VAS concernente il programma in oggetto non può essere ulteriormente proseguito»; Il 4 luglio 2016, la competente Direzione generale per i rifiuti e l'inquinamento del Ministero dell'Ambiente rappresentava la non sussistenza dei presupposti per sottoporre a valutazione ambientale strategica i contenuti programmatici generali relativi alla individuazione della capacità complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento di rifiuti urbani in esercizio o autorizzati a livello nazionale nonché all'individuazione del fabbisogno residuo di impianti di incenerimento con recupero di energia. Pur concernenti il settore della gestione dei rifiuti sosteneva la Direzione - i suddetti contenuti non concretizzano il secondo presupposto richiesto dall'art.6,comma 2,lettera a del decreto legislativo n.152 del 2006 per l'obbligatoria sottoposizione a valutazione ambientale strategica, dal momento che non definiscono il quadro di riferimento per l'approvazione, l'autorizzazione, l'area di localizzazione o, comunque, la realizzazione dei progetti ma si limitano ad indicare il numero e le dimensioni degli inceneritori da realizzare su scala territoriale di macroarea e di regioni non intervenendo sulla ubicazione puntuale, sulle condizioni operative, ne' sulla ripartizione di risorse. La Direzione Generale dei rifiuti concludeva pertanto che alla luce del combinato disposto di cui agli articoli 7, comma 2, 196 e 199 del decreto legislativo n. 152 del 2006, spetta alle Regioni il compito di recepire, nell'ambito dei rispettivi Piani di gestione dei rifiuti, le scelte strategiche contenute nel presente decreto, avviando le necessarie procedure di VAS ed eventualmente di autorizzazione dei progetti, in esito alla localizzazione dell'impiantistica da realizzare per soddisfare il relativo fabbisogno residuo di incenerimento dei rifiuti. Il Contenuto del DPCM e la metodologia adottata I presupposti a base della formulazione del DPCM sono:- il raggiungimento dell'obiettivo nazionale di raccolta differenziata stabilito dal dgls.vo 3 aprile 2006, n. 152 (art 205) in ogni ambito territoriale ottimale, se costituito, ovvero in ogni Comune, di almeno il 65% entro il 31 dicembre 2012 necessaria al perseguimento dellobiettivo di riciclaggio comunitario del 50%; - il fatto che il recupero energetico dei rifiuti rappresenti un'opzione di gestione da preferire rispetto al conferimento in discarica dei rifiuti; - il principio di autosufficienza e prossimità nella gestione dei rifiuti e, quindi, nessun ricorso alla esportazione dei rifiuti fuori dai confini nazionali; - la necessità di strutturare una rete di impianti sufficienti a trattare i rifiuti che residuano da una raccolta differenziata, limitando, per gli stessi rifiuti, il ricorso allo smaltimento in discarica; - che l'individuazione di un fabbisogno basato su percentuali di raccolta differenziata minori rispetto al 65 per cento e senza tener conto degli obiettivi di ulteriore riduzione di rifiuti urbani e assimilati, determinerebbe una capacità impiantistica sovradimensionata rispetto alle esigenze nazionali; - la necessità di prevedere un meccanismo che consenta di definire e aggiornare il fabbisogno residuo di incenerimento dei rifiuti urbani e assimilati, individuato sulla base degli obiettivi di riduzione della produzione di rifiuti urbani e assimilati, di raccolta differenziata, di riciclaggio e di pianificazione regionale, anche in ragione:a) delle politiche di prevenzione sulla produzione dei rifiuti e di raccolta differenziata attuate dalle Regioni nel periodo intercorrente da novembre 2015 alla data di entrata in vigore del decreto; b) di politiche di dismissione di impianti o di riduzione di capacità di incenerimento per le sole Regioni caratterizzate da una sovracapacità di trattamento rispetto al relativo fabbisogno di incenerimento; c) della efficienza di riciclaggio e recupero di materia degli impianti di trattamento meccanico-biologico, qualora superiore a quella indicata nell'allegato II del DPCM; d) delle autorizzazioni assentite, a far data da novembre 2015, per gli impianti produttivi autorizzati allo svolgimento di operazioni di recupero del combustibile solido secondario (CSS) e delle frazioni secche decadenti dal trattamento dei rifiuti urbani; e) di accordi interregionali volti ad ottimizzare le infrastrutture di trattamento dei rifiuti urbani e assimilati; - lopportunità di individuare la capacità di incenerimento di rifiuti urbani e assimilati e gli impianti con recupero energetico da realizzare per coprire il fabbisogno residuo per macroaree geografiche e di indicare, altresì, le Regioni nelle quali tali impianti e tali potenzialità devono essere realizzate; - lopportunità di individuare le capacità di incenerimento e l'impiantistica necessaria da realizzare, tenendo conto dei rifiuti decadenti dal trattamento degli urbani e assimilati; - lopportunità che la Regione Sicilia e la Regione Sardegna vengano considerate macroaree autonome, in ragione della necessità di autosufficienza delle stesse nel ciclo di gestione dei rifiuti e delle peculiarità geografiche insulari; - la necessità di indicare le Regioni nelle quali devono essere realizzati gli impianti, basandosi sul progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale, nonché sulla necessità di tenere conto della pianificazione regionale e all'esigenza di superare e prevenire ulteriori procedure di infrazione. Il DPCM, inoltre tiene conto - della competenza delle Regioni circa la predisposizione e ladozione dei Piani regionali di gestione dei rifiuti che comprendono lanalisi della gestione dei rifiuti esistente nellambito geografico interessato, le misure da adottare per migliorare lefficacia ambientale delle diverse operazioni di gestione dei rifiuti, nonché una valutazione del modo in cui i Piani contribuiscono allattuazione degli obiettivi e delle disposizioni della parte quarta del Dgls.vo 152; - del fatto che in alcune Regioni, caratterizzate da una sovracapacità di trattamento rispetto al relativo fabbisogno di incenerimento, sono state adottate politiche relative alla dismissione di impianti o alla riduzione di capacità di incenerimento; - del fatto che alcune Regioni e Province autonome hanno adottato, secondo i rispettivi piani di gestione rifiuti, obiettivi più ambiziosi rispetto all'obiettivo minimo di raccolta differenziata di legge, nonché obiettivi di riduzione della produzione di rifiuti urbani e assimilati; - del fatto che il ritardo sul raggiungimento dell'obiettivo di raccolta differenziata ha determinato, per alcune Regioni, la realizzazione o la previsione di realizzazione di impianti di trattamento preliminare necessari a trattare tutti i rifiuti urbani che residuano dai livelli attuali di raccolta differenziata; - del fatto che gli impianti di trattamento preliminare hanno una capacità spesso superiore rispetto al fabbisogno di trattamento calcolato su una quantità di rifiuti residui derivanti da una raccolta differenziata a norma di legge e che, al crescere della raccolta differenziata, potranno essere opportunamente convertiti; - della capacità impiantistica di trattamento preliminare realizzata (e in previsione di realizzazione) in ragione di un ritardo sul raggiungimento dell'obiettivo di raccolta differenziata dei rifiuti urbani e del deficit di capacità di incenerimento dei rifiuti urbani e assimilati in alcune Regioni. I documenti base presi a riferimento nel Rapporto preliminare e, conseguentemente, i dati inseriti nel decreto circa gli inceneritori esistenti sono il Rapporto sul recupero energetico da rifiuti urbani in Italia ed. 2014 redatto da ISPRA e Federambiente (Rapporti 209/2014 [1]) e il Rapporto ISPRA Rifiuti Urbani - ed. 2015. Approfondimenti tecnici e amministrativi sono stati condotti con Ispra, Federambiente Regioni e Province, nonché con singoli gestori di impianti . La ricognizione degli impianti esistenti Il decreto da conto, nella Tabella A riportata di seguito, di una fase ricognitiva per individuare numericamente gli impianti di incenerimento esistenti, già in esercizio al mese di novembre 2015 e autorizzati e relativa quantificazione delle capacità di trattamento dei rifiuti. Tabella A Il carico termico è espresso in MW , la capacità oraria autorizzata in tonnellate /ora, la capacità di trattamento autorizzata in tonnellate/anno, la capacità di trattamento dei rifiuti urbani e assimilati in tonnellate/anno Elenco degli impianti di incenerimento in esercizio N° REGIONE PROVINCIA LOCALITÀ N° Linee Carico termico CAPACITÀ ORARIA AUTORIZZATA CAPACITÀ DI TRATTAMENTO AUTORIZZATA CAPACITÀ DI TRATTAMENTO DEI RIFIUTI URBANI E ASSIMILATI MW t/h t/anno t/anno 1 Piemonte TO Torino 3 206,25 67,5 526.500 526.500 2 Lombardia BG Bergamo 1 48 9 75.000 62.000 3 Lombardia BS Brescia 3 304,5 98,1 981.837 630.000 4 Lombardia VA Busto Arsizio 2 61 16,67 116.000 93.000 5 Lombardia CO Como 2 39 13,41 100.000 80.000 6 Lombardia PV Corteolona 1 34 9 75.000 63.000 7 Lombardia CR Cremona 2 35,6 9 72.000 58.000 8 Lombardia BG Dalmine 2 55,8 18,46 151.372 144.500 9 Lombardia MB Desio 2 41 11,5 91.000 60.000 10 Lombardia MI Milano 3 184,6 60 480.000 475.400 11 Lombardia PV Parona 2 147,8 33,6 380.000 340.000 12 Lombardia MI Sesto S. Giovanni 3 31,4 9,12 72.000 71.700 13 Lombardia MI Trezzo dAdda 2 82,4 25 199.600 185.600 14 Lombardia LC Valmadrera 2 45,29 15,6 123.000 87.000 15 Trentino Alto Adige BZ Bolzano 1 58,9 16,25 130.000 100.000 16 Veneto PD Padova 3 79,86 25 170.000 170.000 17 Veneto VI Schio 3 39,3 9,67 82.000 82.000 18 Friuli Venezia Giulia TS Trieste 3 67,3 25,5 197.000 152.300 19 Emilia Romagna RN Coriano 1 46,5 16 125.000 91.606 20 Emilia Romagna FE Ferrara 2 55,8 18 130.000 88.900 21 Emilia Romagna FC Forlì 1 46,5 20 120.000 120.000 22 Emilia Romagna BO Granarolo dellEmilia 2 81,4 25 220.000 165.000 23 Emilia Romagna MO Modena 1 78 30,5 180.000 140.636 24 Emilia Romagna PC Piacenza 2 45,5 15 120.000 84.875 25 Emilia Romagna RA Ravenna 1 27,9 6 56.500 56.000 26 Emilia Romagna Parma Parma 2 71,32 16,25 130.000 99.302 Totale Nord 52 2.014,92 619,13 5.103.809 4.227.319 27 Toscana AR Arezzo 1 14,5 5,8 42.000 42.000 28 Toscana LI Livorno 2 31,25 7,5 64.800 64.800 29 Toscana PT Montale 3 23 8,1 50.550 50.000 30 Toscana PI Ospedaletto 2 20,5 6,7 65.000 52.000 31 Toscana SI Poggibonsi 3 34,9 9,37 70.000 66.000 32 Lazio RM Colleferro 1 52 12 110.000 80.000 33 Lazio RM Colleferro 1 52 12 110.000 80.000 34 Lazio FR S. Vittore del Lazio 2 108 28,8 224.480 224.480 Totale Centro 15 336,15 90,27 736.830 659.280 35 Molise IS Pozzilli 1 49,9 12 93.500 93.500 36 Campania NA Acerra 3 340 81 600.000 600.000 37 Calabria RC Gioia Tauro 2 60 16 120.000 120.000 38 Basilicata PZ Melfi 1 18,7 9,3 30.000 30.000 39 Sardegna CA Capoterra 3 56,6 19,48 140.256 140.000 40 Sardegna NU Macomer 2 17,5 6 43.200 40.000 Totale Sud e Isole 12 542,7 143,78 1.026.956 1.023.500 40 Capacità nazionale di trattamento dei rifiuti urbani e assimilati in esercizio 79 2.893,77 ( MW) 5.910.099 (t/anno) La Tabella B del decreto individua la capacità potenziale di trattamento nazionale, riferita agli impianti di incenerimento dei rifiuti urbani e assimilati autorizzati e non in esercizio al mese di novembre 2015. Elenco degli impianti di incenerimento autorizzati non in esercizio N° REGIONE PROVINCIA LOCALITÀ N° Linee Carico termico CAPACITÀ ORARIA AUTORIZZATA CAPACITÀ DI TRATTAMENTO AUTORIZZATA CAPACITÀ DI TRATTAMENTO DEI RIFIUTI URBANI E ASSIMILATI MW t/h t/a t/a 1 Toscana FI Sesto Fiorentino 2 65,2 24,80 198.400 198.400 2 Lazio RM Roma 2 236 38,4 182.500 182.500 3 Lazio FR S. Vittore del Lazio 1 52 12,5 98.750 98.750 4 Calabria RC Gioia Tauro 2 75 13,33 135.000 120.000 5 Puglia TA Statte 2 20,9 8,3 73.000 66.000 Capacità potenziale nazionale di trattamento dei rifiuti urbani e assimilati non in esercizio 9 449,1 (MW) 665.650 (t/anno) In sintesi, il Decreto censisce: 40 impianti di incenerimento operativi costituiti da 79 linee con una capacità complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati pari a 5.910.099 tonnellate/anno; un impianto di incenerimento realizzato, ma non operativo (Statte, in Puglia) con una capacità potenziale di trattamento pari a 66.000 tonnellate/anno dedicata ai rifiuti urbani e assimilati; un impianto di incenerimento, realizzato in parte ma non operativo, (Roma) con un capacità potenziale pari a 182.500 tonnellate/anno; un impianto autorizzato da realizzare (Sesto Fiorentino) con una capacità potenziale pari a 198.400 tonnellate/anno; 3 linee di incenerimento da realizzare presso gli impianti di S. Vittore del Lazio (1 linea) e Gioia Tauro (2 linee) per una capacità potenziale pari a 218.750 tonnellate/anno; Il fabbisogno di incenerimento Sulla base dei calcoli effettuati con la complessa metodologia indicata nellallegato II per tener conto di tutti i presupposti elencati, risulta il fabbisogno riportato nella seguente tabella: Macro area geografica Regione Fabbisogno di incenerimento [tonnellate/anno] Capacità di incenerimento complessiva [tonnellate/anno] Fabbisogno residuo di incenerimento [tonnellate/anno] Nord PIEMONTE 578.927 526.500 52.427 VALLE D'AOSTA 30.059 0 30.059 LOMBARDIA 1.771.269 2.350.200 -578.931 PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO 53.111 0 53.111 PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO 100.643 100.000 643 VENETO 426.759 252.000 174.759 FRIULI VENEZIA GIULIA 170.989 152.300 18.689 LIGURIA 234.786 0 234.786 EMILIA ROMAGNA 857.452 846.319 11.133 Nord 4.223.996 4.227.319 nullo Centro TOSCANA 455.245 473.200 -17.955 UMBRIA 129.883 0 129.883 MARCHE 198.339 0 198.339 LAZIO 879.382 665.730 213.652 Centro 1.662.848 1.138.930 523.918 Sud ABRUZZO 121.069 0 121.069 MOLISE 35.428 93.500 -58.072 CAMPANIA 918.942 600.000 318.942 PUGLIA 146.701 66.000 80.701 BASILICATA 58.874 30.000 28.874 CALABRIA 236.917 240.000 -3.083 Sud 1.517.931 1.029.500 488.432 SICILIA 685.099 0 685.099 SARDEGNA 300.885 180.000 120.885 Totale 8.390.761 6.575.749 1.818.334 L'analisi condotta, spiega lallegato III al DPCM, ha evidenziato le seguenti situazioni: per la macroarea geografica Nord un tendenziale equilibrio tra il fabbisogno di incenerimento e la capacità di incenerimento complessiva portando, la macroarea ad essere tendenzialmente autosufficiente per quanto concerne il trattamento termico dei rifiuti urbani e assimilati; l'elevato fabbisogno residuo di incenerimento in Liguria (234.786 tonn/anno) e Veneto (174.759 tonn/anno); la sovracapacità della regione Lombardia, che evidenzia un surplus di incenerimento pari a 578.931 tonn/anno, garantito da una sostanziale saturazione impiantistica del territorio che conta n. 13 inceneritori; l'assenza totale di impianti nelle Regioni Liguria, Valle d'Aosta e Provincia autonoma di Trento. Tuttavia, Valle dAosta e Trento presentano un fabbisogno limitato, rispettivamente di 30.059 e 53.111 tonnellate anno; l'autosufficienza per la Regione Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Provincia autonoma di Bolzano; un fabbisogno residuo di incenerimento per la Regione Piemonte pari a 52.427 tonn/anno. Per la macroarea geografica Centro lesigenza di provvedere ad un fabbisogno residuo di incenerimento dei rifiuti urbani e assimilati pari a complessive 523.918 tonn/anno. l'elevato fabbisogno residuo di incenerimento in regione Marche (198.339 tonn/anno), Umbria (129.883 tonn/anno) e Lazio (213.652 tonn/anno); l'assenza totale di impianti nella regione Umbria e nella regione Marche; l'autosufficienza per la regione Toscana. In particolare, per la Regione Marche non sono presenti impianti di incenerimento operativi; i rifiuti urbani e assimilati sono avviati presso gli impianti di trattamento preliminari realizzati che consentono di soddisfare il relativo fabbisogno di trattamento. La Regione ha comunicato la sospensione dell'AIA per l'esercizio dell'impianto di Tolentino. Essa non è oggetto di contenzioso o precontenziosi europei ma si riscontra, ad oggi, un ricorso prevalente allo smaltimento in discarica dei rifiuti urbani e assimilati. Per tali motivi, la Regione è stata individuata per la realizzazione di un nuovo impianto di incenerimento con capacità pari a 190.000 tonnellate/anno di rifiuti urbani e assimilati. In particolare, per la Regione Umbria non sono presenti impianti di incenerimento operativi; i rifiuti urbani e assimilati sono avviati presso gli impianti di trattamento preliminari che consentono di soddisfare il relativo fabbisogno di trattamento. Inoltre, la Regione ha comunicato che l'impianto di Terni risulta smantellato e privo di titolo autorizzativo. La Regione non e' oggetto di contenziosi o precontenziosi europei, ma si riscontra un ricorso prevalente allo smaltimento in discarica dei rifiuti urbani e assimilati. Per tali motivi, la Regione e' stata individuata per la realizzazione di un nuovo impianto di incenerimento di capacità pari a 130.000 tonnellate/anno di rifiuti urbani e assimilati tale da soddisfare il relativo fabbisogno residuo. In particolare, per la Regione Lazio sono presenti n. 3 impianti di incenerimento operativi e n. 1 impianto autorizzato ma non in esercizio con una potenzialità complessiva di trattamento pari a 665.730 tonnellate/anno, che rappresenta poco più del 75% del fabbisogno di incenerimento regionale. La Regione è oggetto di condanna da parte della Corte di giustizia europea, sancita da ultimo con sentenza del 15 ottobre 2014, anche in ragione della violazione dell'art. 16, par. 1, della Direttiva 2008/98 per non aver creato una rete integrata ed adeguata di impianti di gestione dei rifiuti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili. Una significativa quota pari a circa il 10% di rifiuti urbani e di quelli derivanti dal loro trattamento sono destinati fuori regione e per lo più smaltiti in discarica. Per tali motivi, la Regione è stata individuata per la realizzazione di un nuovo imp