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Uso del suolo ed emissioni: una valutazione del raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi - CMCC
Photo by John Price on Unsplash Per porre un limite al riscaldamento globale e raggiungere gli obiettivi di lungo termine dellAccordo di Parigi, dobbiamo cambiare il modo in cui usiamo la terra: la lotta alla deforestazione e il potenziamento dellattuale capacità dei sink di carbonio di assorbire la CO2 atmosferica saranno fondamentali per ridurre le emissioni. Gli ecosistemi terrestri, e in particolar modo le foreste, assorbono circa un terzo delle emissioni totali di CO2 imputabili alle attività umane. Se anche in seguito si renderà necessario limpiego di nuove tecnologie per rimuovere lanidride carbonica atmosferica, le foreste sono, al momento, il più importante strumento per lassorbimento del carbonio di cui lumanità possa disporre. Nel Rapporto Speciale IPCC appena pubblicato, Global Warming of 1.5°C sono illustrate le diverse strategie di mitigazione per ottenere una riduzione netta delle emissioni, indispensabile per limitare il riscaldamento globale a 1.5°C (con superamento limitato o pari a zero di tale soglia). Nel rapporto è inoltre mostrato uno spaccato delle emissioni di CO2 nette globali prodotte dallattività umana, mostrando lincidenza dei diversi contributi: combustibili fossili e industria, agricoltura, foreste e altri usi del suolo (AFOLU Agriculture, Forestry and Other Land Use), bioenergia con la cattura e lo stoccaggio del carbonio (BECCS BioEnergy with Carbon Capture and Storage); il rapporto precisa anche, però, che le stime relative alle emissioni del settore AFOLU [&] non sono necessariamente confrontabili con le stime degli inventari nazionali dei gas serra. Questo perché, diversamente dalle emissioni derivanti dalluso dei combustibili fossili o del settore industriale, emissioni e sink di carbonio legati ai diversi usi del suolo sono notoriamente difficili da stimare e verificare. Attualmente, esiste una differenza di circa 4 gigatonnellate di CO2 allanno (pari a circa il 10% del totale delle emissioni di CO2 prodotte dallattività umana, per il periodo di riferimento considerato nella misurazione) nella stima delle emissioni antropogeniche globali derivanti dai diversi usi del suolo fornita dai modelli globali (e valutata nellultimo Rapporto di Valutazione IPCC, AR5) e dagli inventari nazionali dei gas serra (riferita alla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici, UNFCCC). La comunità globale degli esperti di modellistica e i governi nazionali, infatti, si avvalgono di metodi diversi per fare le loro valutazioni, cosa che rende molto difficile monitorare i progressi per il raggiungimento degli obiettivi di Parigi. Come conciliare quindi le differenze concettuali nella stima delle riserve di carbonio forestali delle diverse misurazioni, dai modelli e dagli inventari nazionali dei gas serra? Un nuovo studio pubblicato di recente su Nature Climate Change (tra gli autori, anche la ricercatrice CMCC Lucia Perugini) esplora le ragioni di queste differenze, e suggerisce strategie per rendere più omogenee e confrontabili tali valutazioni. Scendendo nel dettaglio, lo studio va a quantificare le differenze riscontrate tra le stime degli assorbimenti/rilasci di gas serra in atmosfera dal suolo (noti nel complesso come flussi di carbonio), riportate dai Paesi nei propri inventari e prodotte dalla comunità internazionale degli esperti di modellistica. Come evidenziato nello studio, le stime da essi riportate sono diverse, essenzialmente perché utilizzano diversi approcci per definire che cosa siano i flussi antropogenici, attribuibili cioè alle diverse attività umane. In altre parole, le ragioni di questa discrepanza risiedono nel diverso modo di stimare quale parte di un sink forestale di carbonio sia effettivamente antropogenico. Avendo diverse finalità e obiettivi, la comunità scientifica internazionale (che con il suo lavoro supporta i rapporti di valutazione dellIPCC) e le linee guida IPCC per la realizzazione degli inventari dei gas serra (utilizzate dai governi per la propria contabilizzazione delle emissioni) hanno sviluppato diversi approcci per distinguere cosa sia antropogenico, cioè prodotto dalle attività umane, da ciò che non lo è, in relazione alle fonti di rilascio e assorbimento dei gas serra terrestri. Entrambi gli approcci sono validi nei propri ambiti specifici, ma non sono confrontabili. A livello globale, quindi, lo studio ha evidenziato come l80% di questa differenza risieda nelle diverse stime dei sink antropogenici forestali, sia nei Paesi sviluppati che nei Paesi in via di sviluppo. In particolare, gli inventari nazionali dei gas serra spesso includono le stime di ampie aree forestali gestite e gli impatti degli effetti indiretti (i cambiamenti ambientali, come lazione fertilizzante della CO2, i depositi di azoto e i cambiamenti climatici). I modelli globali, invece, stimano i flussi di carbonio antropogenici tenendo in considerazione pochissime attività di gestione, tipicamente su aree forestali gestite più piccole, mentre includono la maggior parte degli effetti indiretti sulle foreste nella cosiddetta risposta residuale del suolo (di natura non antropogenica). Questo divario, suggeriscono gli autori, può essere in buona parte colmato se gli impatti dei cambiamenti ambientali (effetti indiretti) sulle terre gestite (figura 5 del paper di Nature Climate Change) sono sommati agli effetti diretti valutati da AR5. Il gap è ulteriormente recuperato se si tiene conto anche delle differenze di area delle terre gestite tra gli inventari nazionali e i modelli globali. Per realizzare un inventario globale dei gas serra il più possibile solido e affidabile, lo studio fornisce infine alcune raccomandazioni concrete. I Paesi dovrebbero fornire informazioni più trasparenti e complete su ciò che è incluso nei loro inventari (per esempio mappe, aree coltivate e cicli di coltivazione, età delle foreste e se e in caso affermativo, come gli effetti indiretti e naturali siano inclusi). Dal canto suo, la comunità scientifica internazionale degli esperti di modellistica dovrebbe ideare modelli, esperimenti e prodotti in modo da aumentare la loro confrontabilità con gli inventari nazionali, così da diventare strumenti sempre più importanti a livello politico. Il team di autori è guidato dal ricercatore Giacomo Grassi Joint Research Centre, European Commission, Ispra, Italy. Per ulteriori informazioni, leggi la versione integrale dellarticolo: Grassi G., et al. (2018) Reconciling global model estimates and country reporting of anthropogenic forest CO2 sinks, Nature Climate Change, doi:10.1038/s41558-018-0283-x Il post pubblicato su Carbon Brief:: Guest post: Credible tracking of land-use emissions under the Paris Agreement e larticolo: Tracking land-based CO2 emissions under the Paris Agreement(in lingua inglese).