oggiscienza.itStalle di soia, campi di maiali
AMBIENTE Cera una volta la Repubblica delle banane. Uno stato
ideale in cui il potere è controllato dalle multinazionali
che impongono ed esportano una sola coltivazione: solo banane, solo
caffè, solo canna da zucchero. E da qualche anno, soia.
Tanta soia. Così tanta che ormai è tempo di parlare
di Repubblica della soia. La soia è un legume originario
della Cina che si adatta a vivere in climi molto diversi. Grazie
alla ricerca scientifica, inoltre, sono state selezionate
varietà diverse per ciascuna area del pianeta. In Brasile,
per esempio, cresce così bene che la foresta amazzonica
viene abbattuta per fare spazio ai campi di soia. Greenpeace ha
denunciato che nel 2018 sono spariti 7900 km^2 di foresta, un
territorio pari a quello del Friuli-Venezia Giulia. Ma il suolo
disboscato non è adatto allagricoltura intensiva
perché è troppo povero di sali minerali per garantire
la crescita delle colture. E quindi bisogna ricorrere al largo
consumo di fertilizzanti, che drogano il terreno e inquinano falde
acquifere e fiumi. Dove va a finire tutta la soia? La destinazione
più comune per questa merce è la Cina. «La soia
viene coltivata nel Mato Grosso, fa 3000 km attraverso il Brasile a
bordo di enormi camion e raggiunge un porto, è imbarcata su
delle navi che percorrono 20 000 km fino a un porto cinese, poi
viene caricata su un treno ed è spostata per altri 2000 km,
fino a raggiungere un allevamento di polli o maiali» racconta
leconomista Joao Pedro Stedile. Quindi la soia serve per ingrassare
i maiali, che sono una delle maggiori fonti di guadagno
dellindustria agricola cinese. La Cina, infatti, allevail 47% di
tutti i maiali presenti nel mondo. Come dimostra un articolo del
2015 pubblicato suPLOS One, lEuropa è il secondo produttore
al mondo e al terzo posto ci sono gli Stati Uniti, che però
hanno concentrato questa attività negli stati dellIowa e del
North Carolina. Gli allevamenti intensivi di maiali producono
enormi quantità di liquami, che rendono irrespirabile laria
intorno alle stalle, inquinano i terreni, contaminano le falde
acquifere e portano alla morte di molte altre specie viventi
acquatiche e del suolo. Senza parlare della quantità di gas
serra che liberano in atmosfera. «Quando hai pochi maiali in
una fattoria, i loro escrementi sono una risorsa preziosa»
dice Janet Larsen dellEarth Policy Institute «ma quando hai
10 o 20 mila capi in unazienda, i loro liquami sono un grosso
problema da gestire». Diffusione degli allevamenti di maiali
nel mondo PLOS One Perché tanti maiali? Di pari passo con il
boom economico, il governo cinese ha cercato di aumentare la
quantità di cibo per la sua popolazione. Nel farlo ha deciso
di puntare su cibi più calorici e così la
disponibilità di carne sul mercato è cresciuta. Ma in
Cina la quantità di terreni coltivabili è troppo
limitata per le esigenze della popolazione, per cui è stato
necessario acquisire aziende specializzate negli Stati Uniti e
vasti terreni da coltivare in Brasile e in Africa. Questa mossa ha
permesso di sfamare il miliardo di persone che vivono in Cina, ma
ha creato disuguaglianze e problemi in tutti gli altri stati.
Allevamento e coltivazioni intensive, infatti, impiegano pochissima
manodopera perché sono in gran parte meccanizzati. Per
questo gli abitanti di North Carolina, Brasile o Mozambico hanno
subito (e ancora subiscono) le conseguenze di queste
attività, senza però godere di alcun vantaggio. Il
problema non è grave soltanto nellimmediato, ma lo è
ancora di più in prospettiva. Le previsioni di crescita
della popolazione in India e in larga parte dellAfrica fanno
pensare che questi stati condurranno politiche alimentari simili a
quelle della Cina. Se così sarà, la foresta
amazzonica potrebbe subire tagli ancora più netti, con tutte
le conseguenze ambientali e sociali che ne derivano. Previsioni
sulla crescita della popolazione UN Population division Questa
storia è raccontata in modo efficace nel documentario
Soyalism di Enrico Parenti e Stefano Liberti. Il documentario ha
partecipato a inizio dicembre alla 31° edizione
dellInternational documentary film festival di Amsterdam, la
più importante rassegna di documentari dEuropa. È un
viaggio in tre continenti, che alterna interviste a professori
universitari e ambientalisti informati con chiacchierate informali
a persone comuni, che subiscono gli eventi senza armi per
difendersi. I ragionamenti più complessi sono spiegati
attraverso una serie di cartoon che mostrano comè cambiato
il modo di fare agricoltura negli ultimi anni. Il mondo che stiamo
plasmando assomiglia aun gioco da tavola in cui ogni volta che una
tessera si muove provoca una conseguenza in quella a fianco:
sparisce la foresta, compare la monocoltura; sparisce la
monocoltura, arrivano i capannoni; spariscono i capannoni, arriva
la città. È la Repubblica della soia, bellezza. Segui
Claudio Dutto su Twitter Leggi anche: Oltre COP24: un obiettivo
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