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Affidamenti in house - Le questioni sull'affidamento di cui al codice dei contratti e al Testo Unico delle societ partecipate rimesse alla Corte di giustizia Ue
[11-01-2019] Il Consiglio di Stato sez. V con l'Ordinanza, 7 gennaio 2019, n. 138 ha rimesso alla Corte di giustizia le questioni di compatibilit con le direttive europee, le norme nazionali sullaffidamento in house di cui all'art. 192, comma 2, del Codice dei contratti (d. lgs. n. 50 del 2016) ed all'art. 4, c. 1, del Testo Unico delle societ partecipate (d.lgs. n. 175 del 2016 smi). In particolare le ragioni che hanno portato i giudici ad adire la Corte di giustizia europea riguardano in particolare il dubbio che le disposizioni del diritto interno, nel subordinare gli affidamenti in house a condizioni aggravate e a motivazioni rafforzate rispetto alle altre modalit di affidamento, siano autenticamente compatibili con le pertinenti disposizioni e princpi del diritto primario e derivato dellUnione europea. Infatti, lart. 192, comma 2, del Codice degli appalti pubblici (d. lgs. n. 50 del 2016) impone che laffidamento in house di servizi disponibili sul mercato sia assoggettato a una duplice condizione, che non richiesta per le altre forme di affidamento dei medesimi servizi (con particolare riguardo alla messa a gara con appalti pubblici e alle forme di cooperazione orizzontale fra amministrazioni): i) consente tali affidamenti soltanto in caso di dimostrato fallimento del mercato rilevante; ii) impone comunque all'amministrazione che intenda operare un affidamento in regme di delegazione interorganica di fornire una specifica motivazione circa i benefci per la collettivit connessi a tale forma di affidamento. Ci, secondo i Giudici parrebbe ledere il principio di libera amministrazione delle autorit pubbliche e i principio di sostanziale equivalenza fra le diverse modalit di affidamento e di gestione dei servizi di interesse delle amministrazioni pubbliche sancito dalle Direttive dell'UE. Parimenti, il Consiglio di Stato nutre dubbi sullart.4, comma 1, del Testo unico sulle societ partecipate, ai sensi del quale le amministrazioni pubbliche non possono, direttamente o indirettamente, costituire societ aventi per oggetto attivit di produzione di beni e servizi non direttamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalit istituzionali, n acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali societ. Il particolarissimo schema della partecipazione societaria che si configura come organismo in house per alcune amministrazioni pubbliche e come organismo non-in house per altre amministrazioni pubbliche non sembra in contrasto con il diritto comunitario. Il collegio ritiene tuttavia che, in ragione di ci, vada verificata la conformit fra il diritto dellUE (in particolare, fra lart. 5 della Direttiva 2014/24/UE), che ammette il controllo analogo congiunto nel caso di societ non partecipata unicamente dalle amministrazioni controllanti e il citato art. 4, comma 1 (diritto interno) che appare non consentire alle amministrazioni di detenere quote minoritarie di partecipazione in un organismo a controllo congiunto, neppure laddove tali amministrazioni intendano acquisire in futuro una posizione di controllo congiunto e quindi la possibilit di procedere ad affidamenti diretti in favore dellorganismo pluripartecipato. (com)