greenreport_itL’Italia del Biotech: quasi 700 imprese, più di 13.000 addetti e oltre 12 miliardi di fatturato
LItalia del Biotech: quasi 700 imprese, più di 13.000
addetti e oltre 12 miliardi di fatturato +25% di investimenti in
Ricerca &Sviluppo biotech tra il 2014 e il 2020. Record in
Lombardia ma cresce anche il Mezzogiorno [13 Maggio 2020] Dal
BioInItaly Report 2020 Le imprese di biotecnologia in Italia.
Facts&Figures e dal sondaggio Biotech vs Covid-19 presentati
oggi da Federchimica AssoBiotec e da Enea, emerge che a fine 2019
in Italia cerano 696 imprese biotech attive. Una fotografia che
«mostra un settore in crescita, con una popolazione di
imprese che si è andata consolidando in termini numerici, a
forte intensità di ricerca e sviluppo, ma che ha bisogno di
rafforzarsi sotto il profilo dimensionale per migliorare la propria
competitività a livello internazionale». AssoBiotec e
da Enea sottolineano che si tratta di «Un settore che in
questi primi mesi del 2020 ha mostrato tutto il proprio valore e le
proprie potenzialità, nella reazione allemergenza sanitaria
causata dalla diffusione del Sars-Cov2. E che sempre più si
sta affermando come tecnologia chiave per una ripartenza
sostenibile del Paese. Infatti, motore chiave della bioeconomia, le
biotecnologie applicate allagricoltura offrono una risposta
concreta per gestire la ridotta disponibilità di suolo, di
acqua, per preservare la biodiversità, per rendere le
produzioni resistenti ai cambiamenti climatici. Così come
bioprodotti e bioprocessi sono grandi opportunità per il
futuro del pianeta perché hanno un impatto ambientale molto
basso e rappresentano una strada concreta verso la
decarbonizzazione delleconomia e la riduzione della dipendenza
dalle fonti fossili». Il nuovo rapporto Assobiotec Enea
mostra un settore industriale che registra un incremento di tutti i
principali indicatori economici e con un numero di imprese che si
attesta stabilmente attorno alle 700 unità: «A fine
2019 il fatturato biotech totale supera i 12 miliardi di euro con
un incremento medio annuo tra il 2014 e il 2018 di circa il 5%. Due
terzi del fatturato biotech è generato dalle imprese a
capitale estero, che rappresentano appena l11% delle imprese
censite, e sono attive soprattutto nellarea della salute umana.
Sono oltre 13 mila gli addetti biotech in Italia, di cui il 34%
impiegato in attività di R&S. Gli investimenti
complessivi in R&S delle imprese censite ammontano a 2,3
miliardi di euro mentre gli investimenti in R&S biotech
superano i 760 milioni. Questi ultimi registrano una crescita di
oltre il 7% rispetto al 2016 e del 25% rispetto al 2014. L80%
dellindustria delle biotecnologie in Italia è costituito da
imprese di piccola e micro dimensione, che hanno avuto un ruolo
propulsivo nella dinamica di crescita dellintero comparto. Fra il
2017 e il 2019 sono state registrate oltre 50 nuove start-up
innovative attive nelle biotecnologie. Il 49% delle imprese biotech
ha come settore di applicazione prevalente quello legato alla
salute, che storicamente si connota come il settore che per primo
ha dato impulso allo sviluppo delle tecnologie biotech. Il 39%
delle imprese biotech produce e/o sviluppa prodotti e servizi sia
di carattere industriale o volti alla prevenzione e mitigazione
dellimpatto ambientale (30%), sia per applicazioni agricole e
zootecniche (9%), rappresentando una delle principali leve
innovative per i settori della bioeconomia. Larea delle
applicazioni in Genomica, Proteomica e Tecnologie Abilitanti GPTA
risulta presente nel 12% delle realtà censite». Le
attività biotecnologiche si confermano fortemente
concentrate in Lombardia, la prima regione in Italia per numero di
imprese (195 pari al 28% del totale), investimenti in R&S
intra-muros (30% del totale) e fatturato biotech (45% del totale).
Ma si registra un progressivo sviluppo delle regioni del Nord-Est e
una crescente diffusione di nuove iniziative nelle regioni del
Centro (con il Lazio in testa) e del Sud. Particolarmente
significativa è stata la crescita della quota del
Mezzogiorno, anche se solo in termini di numero di imprese: la
quota di imprese biotech con sede nel Mezzogiorno è passata
dal 14,4% nel 2008 al 19,4% nel 2019. È la Campania a
guidare questo sviluppo. Secondo il presidente Enea Federico Testa,
«Dal Rapporto sulle biotecnologie emerge con forza come la
ricerca e linnovazione possano dare un contributo di rilievo allo
sviluppo di settori strategici, in una prospettiva di
sostenibilità economica e ambientale e di collaborazione
pubblico-privato. Per sfruttare al meglio le potenzialità
del nostro sistema innovativo, infatti, è necessario
sviluppare nuove modalità di collaborazione fra ricerca
pubblica, imprese e finanziatori, in primo luogo i fondi di venture
capital, al fine di massimizzare le opportunità di scambio
tecnologico in un approccio di open innovation, per potenziare
lazione di sistema fra i vari attori coinvolti. Su questa
traiettoria si posiziona ormai da alcuni anni ENEA con strumenti ad
hoc per rafforzare la collaborazione con le imprese, attraverso
programmi come il Knowledge Exchange a supporto del sistema
industriale, il fondo interno da 2,5 milioni di euro per il proof
of concept, la formazione di ricercatori esperti in trasferimento
tecnologico, solo per fare alcuni esempi. E su questa intendiamo
proseguire, ampliando servizi e strumenti disponibili, anche nella
prospettiva di contribuire alla ripartenza post emergenza
Covid-19». Ad aprile Assobiotec ha realizzato un sondaggio
sul ruolo che il biotech sta svolgendo nella battaglia globale
contro la pandemia e che tipo di impatto ha avuto la diffusione del
virus SARS-CoV-2 sul comparto biotech nazionale e dice che «I
risultati mostrano un importante coinvolgimento delle imprese
presenti sul nostro territorio nella ricerca e nella produzione di
soluzioni contro il virus (57% del campione) con particolare
riferimento allarea della diagnostica (44%) e della ricerca di
terapeutici (34%). Solo il 7% dichiara invece di essere impegnato
nella ricerca di un vaccino». La pandemia e il lockdown
stanno avendo un impatto significativo sul comparto: «Sebbene
il 60% del campione indichi di continuare a portare avanti il
proprio business, anche se in modalità differente, il 40% si
è vista costretta a ridimensionare (29%) o bloccare (11%) la
propria attività. A soffrire in particolare le realtà
a capitale italiano che nel 13% dei casi hanno dovuto bloccare
totalmente le attività in corso, mentre le imprese con
headquarter estero sono riuscite tutte a proseguire le
attività (dato imputabile al fatto che queste realtà
svolgono in prevalenza attività più vicine al mercato
e sono dunque meno esposte ad attività ad alto rischio di
R&S). Tante e differenti le difficoltà operative
incontrate fra carenza di clienti (32%), logistica (29%) e crisi di
liquidità (25%). Carenza di budget (36%),
inaccessibilità dei laboratori e sospensione delle
attività di arruolamento di pazienti negli studi clinici
(21%), mancanza di materiali (19%) sono invece i principali fattori
alla base di un rallentamento generale delle attività di
R&S». Alla domanda Superata lemergenza, se dovesse
indicare 2 priorità sulle quali le Istituzioni dovrebbero
lavorare per permettere alla sua impresa di svilupparsi e di
affrontare meglio sfide future come questa? quasi la metà
delle imprese italiane ha risposto che «E urgente individuare
un piano di lungo periodo per la Ricerca e lInnovazione (42%)
così come allocare più investimenti in R&S (41%),
mentre le imprese a capitale estero chiedono minore burocrazia
(28%) e lindividuazione di un pacchetto di sgravi fiscali
(14%)». Commentando rapporto e sondaggio, il presidente
Assobiotec Federchimica Riccardo Palmisano, ha evidenziato che
«Fra emergenza coronavirus e ricerca di soluzioni per una
nuova ripartenza sostenibile, le biotecnologie stanno mostrando
negli ultimi mesi in maniera sempre più chiara il
determinante contributo che sono in grado di offrire a livello
globale per rispondere a queste urgenze. Il settore in Italia
cè ed è ricco di eccellenze, ma per poter competere a
livello internazionale ha bisogno di urgenti interventi a livello
di sistema Paese. Lesperienza che stiamo vivendo ci ha insegnato,
in modo chiaro, alcune cose: in primis che gli investimenti in
ricerca e innovazione sono fondamentali: essere fermi all1,3% del
PIL rispetto al 3% individuato dal piano Horizon 2020 non è
un risparmio, ma significa perdere opportunità di crescita
per il Paese. Poi che la collaborazione pubblico-privato funziona:
questa crisi ce lo sta ricordando ogni giorno, non perdiamo
loccasione per rendere questo modello permanente. Ancora, che
lentezze burocratiche, regole farraginose e frammentazione sono i
nemici numero uno della velocità dazione che nei settori ad
alta tecnologia globalizzati come il biotech rappresenta un
elemento vitale. Se vogliamo che il biotech diventi una catapulta
per la ripartenza dobbiamo rendere il nostro Paese attrattivo per
gli investimenti. Infine, ci ha insegnato quanto sia importante per
un Paese industrializzato come il nostro disporre, oltre che della
conoscenza, anche di strutture ed infrastrutture strategiche e
quanto oggi si debba agire per favorirne lattrazione e la nascita.
Mi piacerebbe che da questi punti si potesse ripartire, tutti
insieme, per lo sviluppo del settore, per la crescita delleconomia
e delloccupazione del Paese».